Diffuso in Italia a macchia di leopardo, il manzo danese si fa apprezzare per la sua qualità. Vi spieghiamo il perchè

Tenero, saporito, con una giusta marezzatura e un colore rosso acceso. Sono queste le caratteristiche del manzo danese, una delle carni più buone al mondo e che di certo non manca nei migliori ristoranti della Penisola. Ma esattamente quando parliamo di questa carne così prelibata  a che bovino ci riferiamo? Se su google digitiamo manzo danese sullo schermo ci appariranno almeno tre esemplari. Uno col mantello bruno, uno col mantello rosso e infine un pezzato bianco e nero. Ma quale dei tre è in realtà il vero bovino autoctono della Danimarca, se mai ne esiste uno?
La razza autoctona della Danimarca esiste eccome e si chiama rossa danese. Inoltre bisogna sapere che in Danimarca non viene macellato nessun bovino che non sia nato e cresciuto negli allevamenti nazionali. Questo significa che non c’è un solo capo ad aver varcato i confini. Una misura che tutela la salute del bestiame, evitando che possa essere contaminato da qualunque malattia.

Manzo danese: in cosa è differente?

La Rossa danese è identificabile, oltre che per il caratteristico mantello rossiccio, anche per la sua notevole stazza. Ma a dire la verità non è molto diffusa in Danimarca. Rappresenta, infatti, solo il 6,7% dell’intera popolazione bovina. Una percentuale di gran lunga inferiore rispetto a quella di qualche decennio fa quando arrivava a toccare addirittura il 60% di tutto il bestiame da latte.
Il motivo di un calo demografico cosi forte è noto: le sono state preferite altre specie più produttive oppure è stata semplicemente incrociata con altre razze. Parliamo delle due pezzate bianco e nere, Holstein e Frisona, e della Jersey che ha un manto bruno.
Tutti esemplari portati più per la produzione lattiera o casearia che non per quella di carne. “E’ vero – conferma Costa – che in linea di massima tutte queste vacche, compresa la rossa, vengono allevate per il latte. Ma questo non significa che non producano anche carne. Inoltre, è doveroso fare una precisazione: Se Rossa danese, Holstein, Jersey e frisona vengono tutte catalogate come manzo danese, altre razze pregiate, come ad esempio l’Angus no, anche se nate e allevate in Danimarca, mantengono la loro dicitura originaria”.

Tipologia di allevamento

Le zone di allevamento in Danimarca sono due: la Zelanda (l’isola dove ha sede la capitale, Copenaghen) e il Syddanmmark (la Danimarca del Sud). “Questi animali – racconta Costa – crescono allo stato brado o semibrado, perché anche quando alloggiano nei box hanno sempre la possibilità di muoversi all’esterno o andare al pascolo nutrendosi di erbe e foraggi locali”.
Inoltre, i consumatori danesi  sono molto sensibili al benessere animale, all’ambiente in cui il bestiame cresce e al suo stato di salute. La stessa misura che proibisce al bestiame di varcare la frontiera allontanando le malattie, fa sì che la somministrazione di antibiotici sia quasi nulla. Ma molto importante è anche la sede dei macelli scelta appositamente per non stressare gli animali.

Carne di nicchia

Una volta macellata, la carne di un colore rosso vivo, giunge finalmente in Italia. Ma non ovunque, il prodotto danese arriva solo in alcune regioni. In Piemonte, Liguria e Toscana è molto richiesto il vitellone, mentre nel Lazio e in alcune zone della Campania è più apprezzato il manzo.
La carne danese, infatti, oggi ancor più di ieri, ha una distribuzione a macchia di leopardo in Italia. Attualmente infatti, in Danimarca si preferisce allevare suini e quindi l’allevamento dei bovini è calato. Un dato su tutti: negli Anni ’80 in Italia si compravano 80 mila tonnellate di carne dalla Danimarca, oggi invece non superiamo le 15 mila tonnellate. Ecco perché il manzo danese non si trova ovunque nonostante sia un prodotto buono e apprezzato.
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